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Corte d'Appello di Bologna > Contratti collettivi
Data: 21/07/2003
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 156/03
Parti: Massimo Nunziatini + 10 / Istituto di Vigilanza privata Il Rubicone
CONTRATTI COLLETTIVI - MODIFICA IN SENSO PEGGIORATIVO DA PARTE DEL CONTRATTO NAZIONALE RISPETTO AL CONTRATTO INTEGRATIVO PROVINCIALE : LEGITTIMITA' - PRINCIPIO DI GERARCHIA: INSUSSISTENZA - CRITERIO DELLA SOPRAVVENUTA VOLONTA' DELLE PARTI.


Un gruppo di dipendenti di un istituto di vigilanza privato convenivano in giudizio avanti al Pretore di Forlì il proprio datore di lavoro per aver questi adottato un particolare sistema di orario (5+1) nei servizi di zona stradale con turno notturno, di piantonamento antirapina e di scorta trasporto valori in contrasto con quanto previsto dal contratto integrativo provinciale del 1989. Il Tribunale (succeduto all'Ufficio del Pretore nel frattempo soppresso) respingeva la domanda sul presupposto che la contrattazione nazionale aveva consentito la contrattazione integrativa solo per determinate materie tra le quali non era ricompresa quella dell'orario di lavoro, disciplinata esclusivamente dall'art 38 e seguenti del CCNL. I lavoratori proponevano appello, ma la Corte respingeva a sua volta il ricorso sviluppando un'ampia dissertazione sulla materia. Dopo aver ricordato che, in tema di interpretazione anche dei contratti collettivi, l'elemento letterale rappresenta - ai sensi dell'art. 1362 c.c. - il primo e fondamentale criterio per indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti (Cass. n. 6176/99; 763/99) e dopo aver dato atto che l'accordo provinciale del 1989, confermato dal successivo accordo provinciale del 1992 aveva regolamentato gli orari di lavoro introducendo, espressamente, una deroga all'applicazione dell'art. 43 del CCNL del 1991, evidenziava che, in seguito, era subentrato il CCNL del 1995 che modificava sia la disciplina della contrattazione collettiva (art. 8) sia quella dell'orario di lavoro settimanale (art. 38 e seguenti). In particolare la norma relativa alla "contrattazione integrativa locale e materie demandate" aveva stabilito che i contratti integrativi locali avrebbero potuto riguardare "esclusivamente" alcune materie, tra le quali non quella dell'orario di lavoro. In particolare l'art. 8 aveva previsto in modo espresso che la predetta contrattazione collettiva non avrebbe potuto avere per oggetto "materie già definite in altri livelli di contrattazione e che ogni altra clausola modificativa, sostitutiva o in contrasto con il presente contratto introdotta o contenuta nei contratti collettivi locali" non avrebbe più avuto "efficacia giuridica alcuna" e non avrebbe impegnato "i singoli datori di lavoro e i singoli lavoratori alla relativa osservanza". Secondo la Corte di Bologna dalla data di entrata in vigore del CCNL hanno cessato di avere efficacia le intese sull'orario di lavoro contenute nell'integrativo provinciale del 1989 perché, secondo l'insegnamento della Corte di Cassazione, (Cass. 13916/01; 1369/01; 1576/00, e altre) alle parti sociale è consentito "in virtù del principio generale dell'autonomia negoziale di cui all'art. 1322 cod. civ., di modificare anche in senso peggiorativo le posizioni dei lavoratori già godute con i precedenti contratti collettivi venuti a scadenza e non rinnovati, fermi restando i diritti già acquisiti in virtù di prestazioni lavorative già eseguite al tempo della scadenza del contratto non rinnovato. Infatti le disposizioni dei contratti collettivi non si incorporano nel contenuto dei contratti individuali, dando luogo a diritti quesiti sottratti al potere dispositivo delle organizzazioni sindacali, ma operano all'esterno come fonte eterogenea di regolamento del rapporto, concorrente con la fonte individuale. Consegue che, nell'ipotesi di successione di contratti collettivi, le precedenti disposizioni non sono suscettibili di essere conservate secondo il criterio del trattamento più favorevole, restando la conservazione di quel trattamento affidata all'autonomia contrattuale delle parti collettive stipulanti, le quali possono prevederla con apposita clausola di salvaguardia (Cass. n. 1298/00; n. 11052/95)". Con riguardo, poi, allo specifico problema della successione di contratti collettivi di diverso livello, (nazionale, provinciale, aziendale) l'eventuale contrasto tra le relative previsioni non va risolto secondo i principi di gerarchie e specialità, proprio delle fonti legislative, "ma in base all'individuazione dell'effettiva volontà delle parti desumibile dal coordinamento delle varie disposizioni, di pari dignità, della contrattazione nazionale e locale, fermo restando che un nuovo contratto collettivo (sia esso nazionale o aziendale) può anche modificare in pejus la disciplina collettiva precedente (di qualsiasi livello essa sia) con il solo limite del rispetto dell'esistenza di veri e propri diritti (e non di mere aspettative) definitivamente acquisiti dai lavoratori alla stregua della normativa poi superata da quella peggiorativa (v. Cass. n. 13300/01; 1576/00; 2955/97; 3092/96)". Nel caso concreto, poi, la Corte ha escluso la configurabilità di diritti quesiti, sussistendo invece la "presenza di quelle situazioni future o in via di consolidamento, che sono frequenti nel contratto di lavoro, da cui scaturisce un rapporto di durata con prestazioni ad esecuzione periodica o continuativa, autonome tra loro e suscettibili come tali di essere differentemente regolate in caso di successione di contratti collettivi (v., tra le tante, Cass. n. 1576/01)